A tutti noi, prima o poi e magari anche più volte nell’arco della vita, è capitato di perdere la motivazione, di non riuscire più a dare un significato a quello che stavamo facendo, di interrogarci sul senso delle nostre scelte. Di guardarci indietro e chiederci se sia valsa la pena pagare il prezzo che abbiamo pagato per fare alcune cose nel modo in cui abbiamo voluto farle. Ma nessuno ha la sfera di cristallo e capiamo che gli errori sono tali solo quando il tempo è passato e  abbiamo davanti agli occhi le conseguenze delle nostre scelte. Inevitabile allora provare amarezza, magari anche rabbia nei confronti di noi stessi per non essere stati capaci di valutare le situazioni in un modo diverso, con maggiore lungimiranza. In quei momenti può succedere di sentirsi demotivati, di non riuscire più a dare un senso a quello che stiamo facendo o al modo in cui lo stiamo facendo. Cosa fare?

Chi ha la fortuna di praticare yoga può aprire lo Yoga Sutra di Patanjali; lì possiamo trovare sempre le risposte alle nostre crisi esistenziali . Sono molte le perle di saggezza contenute in questo testo, e oggi voglio citarne una in particolare. Si tratta dell’aforisma 33 del secondo capitolo che recita “Vitarka-badhané pratipaksha-bhavanam”: quando veniamo assaliti da pensieri negativi, dovremmo coltivare pensieri di carattere opposto. Oppure: quando i pensieri negativi perturbano le nostre azioni,  permettiamo che si manifesti il contrario.  Andare controcorrente, reagire, diremmo noi occidentali, ma non è proprio la stessa cosa. Quando reagiamo, spesso tendiamo a ignorare ciò che c’è, a bollare come negativa la sensazione di smarrimento che proviamo, e cerchiamo di  distrarci facendo altro, illudendoci che in questo modo il malessere scompaia. Ma, come ha detto Louise Hay, “se per pulire la casa scopi lo sporco sotto il tappeto, prima o poi te lo ritrovi attorno”. Dobbiamo avere il coraggio di guardare in faccia  il nostro sporco, i pensieri che intossicano la nostra mente, e fare pulizia. Prima di farlo, però, è indispensabile recuperare l’obbiettività, la lucidità,  per attribuire il giusto peso alle situazioni, senza ingigantirle. Facile a dirsi ma non a farsi.

Quando siamo irritati , agitati , turbati , ci vuole una buona dose di umiltà per ricordarci che il nostro punto di vista è solo soggettivo e che altri modi di vedere le cose possono essere ugualmente validi, se non migliori del nostro.  Pratipaksha bhavanam è come una sterzata del volante quando stiamo uscendo di strada. Dunque, nei momenti critici, quando mettiamo in discussione tutto ciò che siamo, ricordiamoci anzitutto di praticare pratipaksha bhavanam  per  sviluppare e mantenere un atteggiamento amorevole, amichevole, e compassionevole nei confronti di noi stessi e degli altri.  Solo così, con una mente equilibrata e luminosa,  possiamo vedere  quello che c’è, da dove origina il nostro malessere.

“Padrone di te, determinato, agisci senza curarti dei risultati, accogli il successo o il fallimento, yoga è equanimità”. Così recita una stanza della  Baghavad Gita, altro  caposaldo tra gli antichi testi indiani: potremmo  memorizzare questa frase e ripeterla come un mantra tutte le volte che i pensieri negativi ci assalgono. Funziona davvero: il cervello può essere allenato a pensare positivo, lo confermano le neuroscienze. Ma di questo parleremo in un’altra newsletter. Per oggi vi invito a praticare questo rilassamento che ci aiuta a ritrovare energia e luminosità quando le abbiamo  perse. E se volete approfondire la conoscenza di questo bellissimo testo, vi ricordo che stanno per iniziare gli incontri mensili dedicati allo studio della Baghavad Gita. Queste le date: 27-1, 1 24.2, 24.3 14.4, 19.5.

Buona pratica!